Chatbot. Come li usano i brand per creare engagement?
I brand ne vanno matti. Gli utenti li trovano utili e divertenti. Di cosa stiamo parlando? Dei chatbot, naturalmente!
Correva l'anno 2016 quando Zuckerberg annunciò l’arrivo del nuovo software di intelligenza artificiale che avrebbe supportato le aziende nell’assistenza e customer care. E quale poteva essere il segmento più interessato dalla tendenza dei chatbot se non quello dei Millennial? Ancora una volta la Generazione Y si riconferma come il bacino di utenza che accoglie più favorevolmente le novità che approdano nel mondo della tecnologia.
Secondo un recente studio condotto dalla società di tecnologia Retale quasi il 60% dei Millennial ha già utilizzato lo strumento dei chatbot e del 40% restante, più della metà vorrebbe provare ad utilizzarli prossimamente.
Di per sé, gli utenti della cosiddetta Y Generation sono naturalmente portati verso i progressi tecnologici e quasi sempre si rivelano essere gli early adopter di tutte le nuove tendenze. Questo perché, essendo nati e cresciuti in un mondo già in via di digitalizzazione, sentono la tecnologia come parte integrante della loro vita. Ne comprendono i vantaggi e sono ben propensi al cambiamento e all’innovazione.
Usare i chatbot per creare engagement
Grazie ai chatbot, veri e propri strumenti di intelligenza artificiale usati nelle app di messaggistica istantanea come Messenger, l’utente riceve suggerimenti in tempo reale sul brand con cui sta interagendo potendo, così, intrattenere una vera e propria conversazione personalizzata.
Ricevere informazioni su prodotti e servizi dell’azienda in questione, fare acquisti, avere assistenza e rimanere aggiornati sulle ultime novità dei nostri brand preferiti diventa, così, facile e immediato.
Questo importantissimo strumento di comunicazione, infatti, è in grado di simulare la conversazione umana, interpretare le domande e fornire risposte precise e puntuali e questo fa pensare che, nei prossimi anni, diventeranno il principale strumento di interazione con l’utente in quasi tutti i settori.
Riuscire a gestire il customer care sui social media, così come creare engagement negli utenti, non è sempre facile. Bisogna individuare la strategia giusta da seguire, mostrarsi sempre pronti ed efficienti e creare contenuti coinvolgenti. L’intelligenza artificiale e i chatbot rivoluzioneranno il modo in cui i brand gestiscono l’assistenza e la comunicazione one-to-one con le persone, aprendo nuove porte alla creazione di engagement.
Il futuro della comunicazione B2C
L’intelligenza artificiale è la chiave della comunicazione B2C in un prossimo futuro. Considerato che sono oggi 1.5 miliardi gli utenti che utilizzano app di messaggistica istantanea come Messenger, l’utilizzo dei chatbot di Facebook è in rapida e costante ascesa.
Creare una brand identity forte e digitalizzata aiuterà ad instaurare un legame ancora più stretto e unico tra marca e consumatore, all’insegna di una comunicazione iper-personalizzata e su canali più “informali”, in cui il cliente naturalmente si sente più libero e a suo agio.
Social network e business: perché utilizzarli per la propria azienda
Social network e business: perché le aziende hanno bisogno di investire nei social come valore aggiunto all'azienda
Bisogna innanzitutto chiarire che legare social network e business è un’attività che richiede conoscenze e competenze adatte, non è un lavoro da “improvvisare”. E’ necessario avere figure esperte all’interno della propria azienda oppure scegliere di affidarsi ad un partner competente e strutturato, come un’agenzia di comunicazione o una digital agency.
Essere sui social richiede, inoltre, un requisito fondamentale: essere costanti. Pubblicare post in modo discontinua, senza una precisa strategia e un piano editoriale curato non aiuta sicuramente l’azienda a raggiungere gli obiettivi prefissati. Creare una pagina o un account su un social può rivelarsi sicuramente facile, gestirlo nel modo corretto lo è un po' meno.
Perché è importante utilizzare i social per la propria azienda
Vediamo 5 elementi che un’azienda deve valutare per comprendere il fondamentale legame tra social network e business .
- Aumenta le possibilità di business
Utilizzare i social network attraverso una presenza costante e mirata, permette alle aziende di entrare in contatto ogni giorno con migliaia di potenziali clienti, avere feedback immediati sui propri prodotti/servizi e coinvolgerli in attività specifiche.
- Influenza il comportamento di acquisto delle persone
I social network, insieme al web, esercitano un ruolo di influencer nelle decisioni d’acquisto degli utenti. Conoscere meglio il prodotto che vuole acquistare, capire i vantaggi/plus, leggere le recensioni di altri utenti e simili, gli permetterà di orientarsi tra i diversi competitors e di scegliere quale prodotto è quello che fa per lui.
Questa è una delle implicazioni più importanti per i quali social network e business si sposano perfettamente.
- Raggiungi il target giusto per te
La grande quantità di informazioni che si possono avere sulle persone attive sui social network permette all’azienda di selezionare gli utenti e di targettizzarli secondo i propri obiettivi e il tipo di comunicazione che si vuole fare.
- Monitora la popolarità del tuo brand
Puoi monitorare le conversazioni e sapere cosa pensano le persone del brand. Puoi farlo tenendo sotto controllo i commenti e le recensioni sugli account social aziendali, ma anche seguendo le conversazioni degli utenti in base agli hashtag e parole chiave utilizzate.
- Fai attività di customer care
Ecco l'ultimo punto sul quale riflettere per comprendere il legame tra social network e business. I social, in particolare Facebook, si prestano ad essere utilizzati anche come strumenti di customer care. La presenza quotidiana permettere di costruire un rapporto diretto con gli utenti, di ascoltare le diverse opinioni e di trasformare ogni critica in un’occasione per migliorare e fidelizzare il cliente. La possibilità di avere un confronto immediato e diretto, consente di sciogliere ogni dubbio e di fornire chiarimenti.
Cosa fare
Sui social network ci sono già i tuoi potenziali clienti. E allora perché non dovrebbe essere anche la tua azienda? Se hai bisogno di comprendere come creare la giusta immagine di brand anche attraverso l'utilizzo dei social network, partecipare ai nostri eventi e workshop ti permetterà di colmare questo gap.
Il ruolo del testimonial
Il Testimonial è una figura chiave, che gioca un ruolo delicato e rilevante nella costruzione di un brand.
Da sempre top model, calciatori e attori sono i protagonisti di spot pubblicitari di vario genere. Appaiono in TV, sui cartelloni pubblicitari e sulle pagine di riviste specifiche.
Tuttavia, il modo in cui un prodotto viene promosso attraverso il digitale è completamente diverso da quello usato negli altri canali.
Nell’advertising classico il testimonial che presta viso e voce al prodotto o al servizio da pubblicizzare deve essere un personaggio facilmente riconoscibile. Quando la Pepsi attaccò la Coca-Cola con la campagna “Pepsi Generation”, scelse oculatamente i propri testimonial.
La campagna aveva come target i giovani. Il messaggio di fondo era “Tu non vuoi bere la stessa cosa che bevono tuo padre e tuo nonno. Tu sei la Pepsi generation”.
Come testimonial, negli anni 80/90, scelsero personaggi come Michael Jackson, Tina Turner, Lionel Ritchie, Michael J. Fox, David Bowie, Madonna, Cindy Crawford e le Spice Girls.
Nel web, il concetto è più o meno lo stesso, ma assume forme diverse.
Per una azienda che vuole ottenere un risultato tangibile, non è sufficiente scegliere Cristiano Ronaldo perché ha 100 milioni di follower.
Se l’azienda che sceglie come testimonial Cristiano Ronaldo è Dove, difficilmente otterrà qualcosa.
Ce lo vedi Cristiano che si spalma il sapone e a favore di camera dice con voce soave: “Dove. Con un quarto di crema idratante.”
Se si tratta di Nike, ovviamente il discorso cambia radicalmente.
Fonte: SoccerBible
Ma non tutte le aziende possono permettersi Cristiano Ronaldo o Chiara Ferragni, anzi.
La realtà italiana è nota: il 96% delle imprese sono microimprese, con meno di 5 dipendenti.
La figura del testimonial quindi, è stata sostituita dal Brand Ambassador o da quella dell’Influencer (micro).
Fonte: Mediakix
I compensi chiesti da queste figure sono accessibili a qualsiasi impresa.
Non si devono per forza investire decine di migliaia di euro in campagne di Influencer Marketing.
Un ragazzo che si muove bene sui social e che viaggia spesso può essere l’Influencer ideale per una piccola realtà che produce costumi da bagno, e per giungere ad un accordo, molto spesso basta regalargli qualche costume da indossare e sfoggiare su Instagram.
Minima spesa, massima resa.
Una volta che il brand ha un po’ più awareness e quindi un po’ più cassa, si può puntare un più in alto.
Il personal brand
PERSONAL BRAND: COS’È?
Sono centinaia le definizioni di Personal Brand reperibili in rete e quasi tutte creano confusione nel lettore, perché mischiano le carte, con il Personal Branding, che è un’altra cosa.
Vediamo di fare chiarezza.
Il Personal Brand è l’obiettivo, mentre il Personal Branding è il processo per raggiungerlo.
Proviamo a definirli meglio entrambi.
Il Personal Brand è la percezione di un individuo, ampiamente riconosciuta e condivisa dalla massa, in base alla sua competenza, esperienza, e ai risultati ottenuti all’interno di una comunità, mercato, settore o team.
Il Personal Branding è lo sforzo compiuto da parte di un individuo per influenzare la percezione pubblica e posizionarsi come un’autorità nel settore di appartenenza o in quello nel quale ci si vuole posizionare, differenziandosi dai competitor ed avere un maggiore impatto sulla propria cerchia di influenza.
In estrema sintesi: Il Personal Brand è radicato nella mente delle persone, il Personal Branding è lo sforzo compiuto per presentare il tuo personal brand al mondo.
Il Personal Brand ruota intorno a ciò che gli altri dicono di te.
Il Personal Branding ruota intorno a ciò che tu dici di te stesso.
La questione non è superficiale come sembra.
Come Abraham Lincoln insegna, “Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.
Pertanto è vero che tutti possono svegliarsi la mattina e aprire un sito web fantastico, pagando un designer e apparendo così “influente”, ma alla lunga se dietro non c’è valore, tutto crollerà.
L’unico vero modo per costruire un Personal Brand credibile è farlo sui propri valori.
Si può fingere, certo, ma solo per un breve periodo.
PERSONAL BRAND: COME SI COSTRUISCE
Analizziamo quelli che sono i punti chiave nel processo di Personal Branding:
IL FOCUS
“Non so quale sia la chiave del successo, ma la chiave del fallimento è il cercare di piacere a tutti.” Bill Cosby
Nel processo di Branding questa è una verità insindacabile.
Mantenere un messaggio focalizzato ad un target specifico è fondamentale nella costruzione del proprio personal brand.
Bisogna ritagliarsi una nicchia e poi ancora di più, una nicchia nella nicchia. Più sei focalizzato più è facile per le persone ricordarsi chi sei.
LA GENUINITA’
La sincerità aiuta moltissimo, e il motivo è semplice. Raccontare balle comporta l’effetto palla di neve: ne servirà sempre una più grande della precedente per soddisfare il pubblico.
Se sei davvero esperto nel tuo settore ti basterà comunicare cosa sai fare e cosa hai fatto, in modo autentico. I risultati non tarderanno.
LO STORYTELLING
Se nel tuo processo di Personal Branding non racconti una storia, hai già perso.
Tutti si appassionano alle storie, racconta la tua al tuo target e li coinvolgerai per sempre.
LA COERENZA
Assicurati che ci sia coerenza attorno al tuo Personal Brand tra l’online e l’offline. Ci vuole coerenza nella comunicazione, nell’aspetto, nel tono. Inoltre, è opportuno avere un “marker”, qualcosa che le persone possono associare immediatamente a te: una mascotte, una frase tipica.
Beast, il cagnolino di Mark Zuckerberg, ha 2,6 milioni di fan.
PERSONAL BRAND: FALLIRAI
Proprio così: fallirai, più volte. I migliori Brand provengono sempre da diversi errori.
CREA UN IMPATTO POSITIVO
Aiuta la tua community a crescere, e loro ti ripagheranno negli anni.
I TREND
Presta attenzione a tutte le piattaforme e cerca di seguire, meglio ancora anticipare i trend.
VIVI IL TUO BRAND
È difficilissimo costruire un Personal Brand separandolo dalla propria vita personale.
Viceversa, quando il nostro stile di vita coincide con il processo di Branding, è tutto molto più naturale.
Si tratta solo di manifestare ed amplificare ciò che siamo.
Infine
ASCOLTA GLI ALTRI
Proprio così. Quando inizi a raccontare te stesso per costruire il tuo brand, ci sarà qualcuno che si identificherà con te e con la tua storia. Ascolta questo qualcuno con sincerità, lascia che ti racconti la sua, di storia.
Solo così il pubblico sentirà di avere qualcosa di più di un “guru” da seguire.
IL BRAND STORYTELLING
Si sente molto parlare di storytelling e sempre più spesso si parla di Brand Storytelling o Storytelling Aziendale.
Ma cos’è, il Brand Storytelling?
Fare storytelling, molto banalmente, significa raccontare una storia.
Sin dalla notte dei tempi il raccontare una storia è il modo migliore per informare qualcuno e allo stesso tempo emozionarlo, rendendo così indimenticabile quella storia, quel contenuto.
Quando un contenuto riesce a far leva sulle emozioni diventa eterno nella testa di chi lo fruisce.
Proprio così: per colpire i tuoi lettori/ascoltatori e quindi i tuoi potenziali clienti, devi soprattutto raccontargli una storia.
Facciamo qualche esempio?
“L’antico vaso andava portato in salvo…”
Come non ricordare questa serie di spot di Amaro Montenegro?
Gli spot di Amaro Montenegro rappresentano uno dei primi esempi di Brand Storytelling arrivati in Italia.
Oggi non esiste spot pubblicitario che non faccia uso dello Storytelling: dai biscotti alle autovetture passando per le lamette da barba, tutte le pubblicità sfruttano i format narrativi.
Lascia che ti mostri la pubblicità di un’automobile.
Si tratta di una vettura e pertanto – per venderla – si dovrebbe far leva sulle sue caratteristiche: la cilindrata, la scocca, gli interni, le prestazioni.
Invece le caratteristiche tecniche della vettura vengono appena accennate e spesso omesse del tutto.
Si fa leva sull’aspetto innovativo dell’auto che si vuole evidenziare in quel determinato spot e solo su quello si costruisce una storia cercando di emozionare chi l’ascolta.
Guarda questo spot, dura 30 secondi.
Osserva con attenzione.
Appena parte il video, per solo un secondo viene mostrato in basso a sinistra il consumo della vettura.
Solo un secondo, stop.
Nessun’altra informazione tecnica viene fornita perché viene semplicemente mostrata.
“Show, don’t tell”, dicono quelli bravi.
Non c’è un venditore che ti parla dell’estetica grintosa o delle linee minimaliste, dei passaruota etc.
C’è un video che ti mostra queste caratteristiche e lo fa raccontandoti la storia di due amanti.
Dura pochissimo, fa leva su alcuni aspetti della vettura e chiude con un Pay Off: “Nuova Tiguan: Connected with your life”.
È questo lo storytelling.
Naturalmente ci sono delle regole da rispettare per costruire uno storytelling ottimale.
ABC Copywriting le ha messe insieme in una infografica.
Fiducia – Una storia funziona meglio se chi la ascolta si fida di te, è fondamentale, quindi, costruire nel tempo un rapporto di fiducia con i lettori (clienti).
Emozioni – Devi emozionare il lettore. Per farlo puoi creare conflitti, legami, tensioni, suspense e altre armi della narrativa classica.
Relazione – Devi fare in modo che il lettore si riconosca nella storia che racconti affinché sia travolto dalla narrazione.
Immersione – Meglio ancora se riesci a fare in modo che il pubblico si immerga completamente in una storia diventando il personaggio principale. Se ci riesci hai vinto.
Semplicità – La storia deve essere semplice ma d’impatto. Hai visto il video? Dura 30 secondi.
Personale – Le storie funzionano meglio se la morale della storia non è troppo palese ma anzi permettono ad ogni lettore di trarre la propria.
Familiare – I tuoi lettori valuteranno la tua storia raffrontandola a quelle che già conoscono. Più familiare è una storia e più potente sarà il suo effetto.
Tante belle parole. Ma funziona lo Storytelling?
Pare proprio di sì.
Case history
Ti racconto, molto brevemente, il caso di Significant Objects.
I fondatori di questo sito hanno condotto un esperimento strutturato in tre fasi:
- Hanno comprato al mercato delle pulci oggetti insignificanti e dal costo irrisorio (massimo 2$)
- Hanno chiesto ad un gruppo di 200 copywriter di scrivere delle storie su quegli oggetti
- Hanno rimesso in vendita gli oggetti su ebay corredandoli con le storie raccolte
Risultato?
“The objects, purchased for $ 1.25 apiece on average,
sold for nearly $ 8,000.00 in total.
(Proceeds were distributed to the contributors,
and to nonprofit creative writing organizations.)
All the project’s stories are archived on this site.”
Gli oggetti, acquistati mediamente per 1,25$ ciascuno sono stati rivenduti ad un totale di 8.000$.
Un uso sapiente dello Storytelling fa crescere il valore di un prodotto e di conseguenza di tutto il Brand.
Fare Brand Storytelling, in conclusione, significa accrescere il valore della tua impresa.
IL CONCETTO DI BRAND
Cos’è un Brand? Che significa, di preciso, Brand?
Qual è il concetto di Brand?
Pensa ad Apple, Coca Cola, Mc Donald’s, Sony o Ferrero.
Prendiamo Sony.
Cos’è il Brand Sony? Non sono i computer, i telefoni e altre robe Hi-Tech.
Questi sono i prodotti di Sony.
E non sono nemmeno i suoi annunci pubblicitari fantastici, né tantomeno i suoi punti vendita chic.
Questi sono “il marketing” di Sony, ma non sono il Brand.
Il Brand Sony non è qualcosa di tangibile. Nessun Brand lo è. Il concetto di Brand è in assoluto il “prodotto” più prezioso di un’azienda.
Per comprendere al meglio il concetto di Brand, occorre scomporlo in 3 domande.
- Cos’è un Brand?
- Come funziona?
- Perché è così prezioso?
COS’E UN BRAND?
Un Brand è il modo in cui un’azienda (o anche un solo individuo) viene percepita dal “pubblico”.
Un Brand, abbiamo detto, è qualcosa di intangibile: per capirci, non è un uccello.
Ma il modo in cui viene definito è molto simile a quello con cui viene definito un uccello.
La caratteristica fondamentale di un uccello è dove vive. Gli uccelli, vivono in cielo ed è questo che li rende uccelli.
Lo stesso criterio si applica ai Brand. Dove vive un Brand? I Brand vivono nella mente delle persone. Nello specifico, un Brand vive nella mente di tutti i suoi stakeholder: dipendenti, investitori, media e, soprattutto, consumatori.
In poche parole, i Brand sono percezioni.
Le percezioni, (come appunto i brand) dipendono da elementi diversi. I principali elementi di un Brand, sono la cultura aziendale, il brand name, il pay off, la brand identity, il logo, il tone of voice.
La cultura aziendale rappresenta i valori sui quali un Brand si fonda, i principi in cui quel Brand crede e il modo in cui si impegna per perseguirli.
Questi valori, proprio come in un essere umano, costituiscono la personalità di un Brand, e dalla loro profondità dipende la “riuscita” di un Brand che, se funziona, nel mondo avrà decine e decine di migliaia di Ambassador naturali.
Di Brand Name abbiamo ampiamente discusso qui, mentre un discorso sull’importanza del logo lo abbiamo fatto qui.
Per quanto riguarda, invece, il tone of voice, rappresenta un aspetto fondamentale per il posizionamento di un Brand nella testa dei consumatori.
La voce del Brand deve distinguersi nel caos odierno e deve trasmettere lo scopo, la promessa di quel Brand. Indipendentemente dal mezzo attraverso il quale la voce del Brand passa, i clienti devono essere in grado di riconoscerla.
CHE SIGNIFICA QUINDI FARE BRANDING?
Il Branding è il dare forma alle percezioni, affinché diventino azioni.
Le percezioni non escono di casa per comprare un televisore, ma dettano il comportamento di un consumatore. Lo spingono a scegliere un Sony quando davanti a sé ha la possibilità di scegliere tra quello e la TV di un competitor.
Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che il nostro comportamento di acquisto è influenzato da stimoli di cui siamo completamente all’oscuro.
Il modo in cui percepiamo un Brand (consapevolmente o meno) determina il modo in cui ci impegneremo verso quel Brand.
Il potere dei Brand dipende da una verità ormai acclarata sulle percezioni:
Le percezioni sono malleabili.
Il nostro cervello non rileva alcuna differenza pratica tra percezione e realtà. Ciò che noi percepiamo è ciò che per noi è reale. È qui che risiede il vero potere dei Brand. Se un Brand può modellare le nostre percezioni e le nostre percezioni sono la nostra realtà, allora il branding ha il potere di dare forma alla realtà.
INVESTIRE NEL BRANDING
Sono pochissime le aziende che investono in attività di Branding, perché non ne percepiscono il ROI. Il ROI di una attività di Branding, arriva nel lungo periodo.
L’intoppo è qui: il Branding, viene percepito, in azienda, come una spesa di marketing, non come un investimento.
Il branding è una strategia a lungo termine che può dare rendimenti misurabili per tutta la vita di una azienda.
Nello specifico, con un investimento in Branding comporta:
- L’arrivo di clienti ideali
- Aumenta l’efficacia delle azioni di Marketing
- Chiusura più rapida delle trattative
- Permette di alzare i prezzi
- Aumenta il valore aziendale
L’IMPORTANZA DEL BRAND NAME
Apple.
Al sentir pronunciare questa parola ormai più nessuno nel mondo pensa ad una mela.
Tutti pensano alla Big Company di Cupertino, fondata da Steve Jobs nel 1976.
Magari non sanno che è a Cupertino e non sanno che è nata nel 76, ma tutti sanno cos’è Apple.
Lo stesso vale per Coca Cola, Google, Amazon.
I Brand ormai fanno parte del quotidiano, hanno modificato persino il nostro modo di parlare.
BRAND NAME: L’IMPORTANZA FONDAMENTALE
Il naming è un processo fondamentale nella creazione di un Brand di successo.
I nomi possono essere persuasivi, e gli esperti di Marketing cavalcano questo meccanismo, soprattutto in un’epoca in cui non si ragiona più per Local Brand ma Global
Come abbiamo detto nel precedente articolo, bisogna stare molto attenti perché la forza del brand potrebbe perdersi nella traduzione.
I marchi sono di fatto parole e la prima volta che li ascoltiamo, in teoria non abbiamo preconcetti.
BRAND NAME: IL SUO COMPITO
Il brand name ha come compito principale, quello di fare in modo che, chi ascolta il nome del tuo brand, lo associ a connotazioni, esperienze ed emozioni positive.
Tutti noi abbiamo avuto ed abbiamo esperienze diverse con le scarpe, ma quando sentiamo pronunciare “Nike”, una parte di noi, torna bambino, e anche se non le indossi, difficilmente nutri sensazioni negative nei confronti delle Nike.
Il segreto, anzi, l’obiettivo, è quello di conquistare una parola, un concetto che l’utente associa al brand.
Vediamo qualche esempio.
Volvo negli anni ha investito ingenti somme di denaro nei test di sicurezza ed oggi, nel mondo, ha conquistato quel concetto. Volvo = Sicurezza
Rolex è l’orologio di chi è “arrivato”, di chi ha avuto successo economico.
BMW è l’auto che si guida meglio di tutte, “The Ultimate Driving Machine”
BRAND NAME: LE PAROLE SUSCITANO EMOZIONI
Le parole sono scolpite nella nostra mente, e richiamano immediatamente un’immagine.
Quando diciamo (o pensiamo) Google, il logo Google si materializza automaticamente nella nostra testa.
Un brand, quindi, ha bisogno non solo di logo e design accattivanti, ma anche e soprattutto di un nome unico che aiuti il pubblico ad associare le emozioni positive.
Il nome McDonald’s trasmette da – solo tutto – il concetto del Brand.
Il nome di un Brand deve essere semplice, anche da pronunciare.
BRAND NAME: LA SCELTA
Nella scelta del tuo nome devi banalmente chiederti: trasmette ciò che voglio trasmettere? Vuoi che passino concetti come modernità, tradizione, entrambi? Affidabilità?
Una volta che hai ristretto la scelta a 5, massimo 6, cerca di ottenere più feedback possibili da altre persone, non limitandoti a domande “Ti piace?”.
Chiedi in giro che sensazioni trasmette, come li fa sentire e perché.
BRAND NAME: CI VUOLE TEMPO
E soprattutto, non avere fretta. La scelta del nome giusto, richiede tempo. Prenditi almeno un paio di settimane per “masticarlo” e rifletterci ancora.
Immagina il tuo brand name sui tuoi materiali di Marketing, sul tuo sito web, sulla cancelleria.
Quando ti sentirai a tuo agio, allora avrai fatto la scelta giusta.
BRAND IDENTITY: COS’È E PERCHÉ È IMPORTANTE
Si sente parlare sempre più spesso di brand, di personal brand, di brand positioning, brand, brand, brand.
In questo articolo parleremo specificatamente dell’importanza della Brand Identity
BRAND IDENTITY: COS’È
Prendiamo una definizione da glossario: la Brand Identity esprime l’immagine che l’azienda vuole dare di sé e dei propri prodotti ai consumatori e ai vari stakeholder di riferimento, cioè l’immagine desiderata e, dunque, rappresenta il messaggio dal versante dell’emittente.
È diversa dalla Brand Image perché quest’ultima rappresenta effettivamente ciò che i consumatori percepiscono del brand. È importante che ci sia coerenza tra le due, altrimenti il messaggio che passa è offuscato e il brand ne risente molto.
La Brand Identity nasce dalla mission aziendale, e traspone appunto i valori del brand.
Nel processo di branding, sono diversi i fattori che entrano in gioco, affinché si palesi ciò che un’azienda vuole comunicare.
Gli elementi minimi, che analizzeremo uno ad uno, sono:
- Il nome
- Il Pay Off
- Il Logo
- Lo stile e il carattere tipografico
Quanto sopra restando solo agli elementi puramente visivi;
Ma riveste fondamentale importanza anche il tone of voice con cui il brand comunica.
BRAND IDENTITY: PERCHÉ È IMPORTANTE
La Brand Identity, come detto, è uno degli elementi fondamentali per la trasmissione al pubblico dei valori in cui un’azienda crede.
È fondamentale per i brand, perché senza un’identità ben definita è impossibile intercettare il giusto target di riferimento.
Estremizzando, possiamo dire che un brand comunicato male è un brand che non esiste, perché non parlando al mercato cui è destinato, di fatto non vive.
COSA DEFINISCE LA BRAND IDENTITY?
In definitiva l’identità visiva di un brand è definita dalla sua identità interna, e l’identità visiva è il primo punto di contatto tra aziende e stakeholder. Esattamente come quando un candidato si presenta ad un colloquio di lavoro, l’aspetto fisco è il primo touch point, ed è importante ricordare che “Non esiste una seconda occasione di fare una prima impressione”.
BRAND IDENTITY: IL NOME
Inutile girarci intorno: la scelta del nome di un Brand è seconda (forse) solo a quella di un figlio.
Il nome è un elemento cruciale per il Brand.
Nella scelta del nome occorre avere una visione di lungo periodo. Immaginare un brand name per un pizzicagnolo, è diverso dal pensare al nome di un brand con cui intendiamo conquistare il pianeta, perché in questo secondo caso dobbiamo considerare anche il potenziale disastro derivante dalle traduzioni.
Vediamo un esempio noto a chi lavora nel settore.
La Vodka è un prodotto russo, come la pasta è tipicamente italiana.
Gli spaghetti sono il tipo di pasta più mangiata in Italia e, di conseguenza, nel mondo.
La Vodka più bevuta in Russia dovrebbe essere senza dubbio la più bevuta nel mondo, ma non è così.
Perché?
La Vodka più bevuta in Russia è la “Kremlyovskaya”
Un nome assolutamente impronunciabile in inglese e non solo in inglese.
E qual è la Vodka più bevuta al mondo?
La Smirnoff. Un Vodka fondata in Russia, che a differenza della Kremlyovskaya è più facilmente pronunciabile da chiunque.
BRAND IDENTITY: IL RUOLO DEL LOGO
Il logo è la pietra angolare della Brand Identity, è il biglietto da visita del brand.
È importante che un logo sia:
- Chiaro
- Visivamente accattivante: semplice e pulito
- Classico, non di tendenza. Un logo evolverà sicuramente nel tempo, ma non può essere pensato per durare solo 6 mesi.
Un logo deve essere distintivo, in modo da poter essere facilmente riconosciuto e semplice da funzionare su più media.
L’attenzione media di un utente è ormai ridotta ai livelli di un pesce rosso, pertanto un Logo è assolutamente fondamentale, soprattutto in fase di acquisizione nuovi prospect.
Colori, toni e caratteri danno vita alla storia che stai cercando di raccontare, e il tuo logo prepara il terreno per questa storia.

BRAND IDENTITY: IL PAY OFF
Il pay off è quell’elemento verbale (o frasetta) che accompagna un logo, e spesso chiude le campagne pubblicitarie.
Per farla breve, ecco dei pay off famosi.

Qualsiasi pay off per funzionare, deve assolutamente rispettare alcune regole:
- Deve essere Sintetico. In pochissime parole deve comunicare la filosofia del brand
- Deve essere Semplice da capire
- Deve essere Memorabile.
- Deve essere Distintivo.
Gli altri elementi che concorrono al completamento della Brand Identity sono:
- La Vision
- La Mission
- Il packaging
BRAND IDENTITY: LA VISION E MISSION
Vision e Mission sono due elementi fondamentali, perché rappresentano di fatto il nord, la cometa che l’azienda deve seguire per porre in essere la propria strategia di branding.
Spesso si confondono, ma Mission e Vision sono due concetti estremamente diversi.
La principale differenza è che mentre la Mission lavora sul presente, mentre la Vision, come si può dedurre dal termine stesso, è una previsione su quello che l’azienda sarà nel futuro, in relazione al mercato in cui opera.
Un esempio di mission imperitura è quella della Disney:
The mission of The Walt Disney Company is to entertain, inform and inspire people around the globe through the power of unparalleled storytelling, reflecting the iconic brands, creative minds and innovative technologies that make ours the world’s premier entertainment company.
In relazione a questa Mission, la Vision di The Walt Disney Company è, semplicemente – si fa per dire – rendere le persone felici.
BRAND IDENTITY: IL PACKAGING
Il packaging è, in estrema sintesi, il modo in cui un prodotto viene “presentato” ai consumatori.
Il packaging, quindi, si riferisce a tutte quelle attività che vanno dalla progettazione alla produzione del “contenitore” di un prodotto.
Al giorno d’oggi il packaging non si limita al semplice contenitore proteggi urti, ma è un vero e proprio (e potentissimo) strumento di Marketing.
Con questo straordinario esempio di packaging, il russo Nikita Konkin, fu premiato con il prestigioso Golden A’ Design Award.

BRAND IDENTITY: CONCLUSIONI
Sulla Brand Identity sono stati scritti diversi libri e si potrebbero scrivere interi trattati, abbiamo cercato di riassumere gli aspetti fondamentali.
In conclusione possiamo dire che la Brand Identity è il volto di un brand. Così come un volto trasmette emozioni, un brand deve essere in grado di fare altrettanto, nella mente dei propri stakeholder, perché al di là del design, dei colori e dei testi, sono le emozioni quelle che restano.
Per sempre.
BRAND POSITIONING DAY – UNA GIORNATA INDIMENTICABILE
Sabato 25 maggio si è tenuto il Brand Positioning Day.
È stata una giornata incredibile nella quale ci siamo emozionati, abbiamo incontrato persone ed ascoltato speaker di livello internazionale.
La nostra soddisfazione nel vedere la sala piena e gli occhi delle persone incollati agli speaker è stata impagabile ed è la spinta motivazionale per continuare e cercare di fare ancora meglio.

Siamo felicissimi di quello che abbiamo fatto, ma non abbiamo nessuna intenzione di cullarci sugli allori.
È davvero difficile, per noi, esprimere la gratitudine nei confronti di chi ci ha dato fiducia.
Il primo ringraziamento post evento vogliamo farlo a chi ha scelto di accompagnarci sin da subito in questo percorso. Senza il loro preziosissimo contributo, non ce l’avremmo fatta.
– Grazie quindi a: METAMER, CASTELLO CHIOLA, HOTEL DEL CAMERLENGO, G. F. NARCISI, ADAMO, AUTOCORI, Guzzini & Fontana – Interior Systems, COSTANTINI GROUP, CMS POLSAN GROUP, SALIVA – SANTORO, FRANCESCHIELLO EVENTI E D&D SERVICES.
– Un grazie infinito agli speaker.
Grazie al “nostro” Alessandro Greco a Gianluca Laterza di Trip Advisor e alla magnifica Lorella Cuccarini che non ha bisogno di presentazioni.
Grazie per aver intrattenuto il nostro pubblico con speech di altissima qualità.
Qui ci sono le interviste post evento, realizzate da Super J.
Grazie a tutto lo staff del Blu Palace che ci ha supportato tecnicamente
Grazie da tutto il team de LACCADEMYA, la prima accademia d’impresa italiana.
Grazie da Immedya la holding a capo di tutto questo.
Infine, GRAZIE A VOI, pubblico, che avete riempito la sala oltre ogni limite.
Grazie per avere creduto in noi.
Ad Majora!
QUANDO ESTENDI IL BRAND, DANNEGGI L'AZIENDA.
Quando si parla di Brand Positioning è fondamentale il FOCUS.
Il Focus è un aspetto che moltissime aziende tralasciano, nella convinzione che offrire più prodotti / servizi sia necessario perché “bisogna fatturare”.
Questa è una convinzione completamente sbagliata che porta quasi sempre ad un aumento del fatturato – nel breve periodo – ma che nel medio/lungo danneggia il brand e abbatte gli utili.
Offrire più prodotti/servizi sotto uno stesso brand, infatti, comporta più costi, più magazzino, più personale, più, più, più, a fronte di un aumento del fatturato che di fatto ha solo fatto girare denaro per banche e fornitori, senza produrre alcun utile.
Oggi prendo in esame queste due big company.
Analizziamo il loro fatturati di 10 anni fa e quello di oggi.
FATTURATO 10 ANNI FA
Sony = 89 miliardi di dollari
Apple = 24 miliardi di dollari
10 anni fa, Sony fatturava più del triplo di Apple
FATTURATO OGGI
Apple = 265 miliardi di dollari
Sony = 77 miliardi di dollari
Oggi, Apple fattura più del triplo di Sony
Se poi guardiamo il mercato azionario:
MERCATO AZIONARIO
Apple capitalizza oltre 1000 miliardi di dollari
Sony meno di 50 miliardi di dollari
CONOSCI LA DIFFERENZA TRA LE DUE AZIENDE?
La differenza è questa
La differenza è che mentre Sony appiccicava il nome “Sony” su tutto quello che poteva, Apple lanciava nuovi Brand. iPhone in primis che è la macchina da soldi più importante di Apple, poi iPod, iPad e Mac. Con questi 4 brand Apple ha dominato – e domina – il mondo dell’hi-tech.
Hai mai sentito qualcuno dire “Mi compro lo Smartphone della Apple”?
No. La gente dice «Mi compro Iphone».
Mentre se qualcuno Ti dicesse “Mi sono comprato il Sony” gli risponderesti “Sì, ok, ma cosa? Il televisore? Il video registratore? L’asciugacapelli?”
Questa è la differenza tra creare nuovi Brand e creare inutili estensioni di linea pensando che il brand della casa madre le sostenga tutte.
SONY STAVA FALLENDO
Nel 2012, anno nel quale Sony perse 3 miliardi di sterline, l’azienda si rese conto di dover fare qualcosa.
Alla guida del gruppo venne promosso Kazuo Hirai.
Kazuo Hirai era uno degli uomini chiave dietro il successo di Playstation, che è un brand a sé ed in quanto tale va alla grandissima.
Il nuovo CEO decise di intraprendere un processo molto simile a quello che Steve Jobs intraprese quando tornò in Apple.
Dichiarò appena nominato: “La nostra azienda si vuole focalizzare su produrre meno prodotti ma di qualità altissima”.
Sony quindi si è focalizzata su brand, quali:
- Playstation;
- Film e serie vendute a Netflix ed altre piattaforme di streaming online.
- Bravia;
- Spiderman;
Oggi, sostanzialmente, tutti gli utili di Sony arrivano da questi brand, pertanto la manovra focalizzante di Kazuo Hirai è stata un successo.
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